Narra una leggenda come nel corso dell’Ottocento a Venezia, in corte Bressana, a San Giovanni e Paolo, si trovasse l’abitazione di uno degli ultimi campanari di San Marco. Essendo un uomo molto alto, un giorno fu notato dal direttore di un Istituto scientifico, che subito pensò che lo scheletro di quell’uomo avrebbe potuto costituire il pezzo forte delle sue collezioni anatomiche. Dopo molte insistenze, il campanaro si lasciò convincere dal professore e si impegnò per iscritto a lasciargli lo scheletro dopo la morte, in cambio di una adeguata somma di denaro. Si trattava di una cifra altissima, che l’uomo non avrebbe potuto sperare di guadagnare in una vita intera. In cuor suo sperava che il professore, molto più vecchio, sarebbe morto prima di lui, e che nessuno avrebbe poi ricordato quello strano contratto.
Essendo fra le altre cose un amante del buon vino, il campanaro si affrettò ad andare coi soldi all’osteria più vicina. Ma non aveva ancora finito il denaro che un colpo lo colse proprio al tavolo del locale, per il troppo bere. Così lo scheletro divenne del professore che lo mise in una teca dell’istituto con una campanella in mano, a ricordo del suo vecchio mestiere. Oggi lo scheletro del campanaro è conservato ancora nel museo di storia naturale. Ma ogni mezzanotte sale sul campanile di San Marco e dà i dodici rintocchi. Poi si incammina barcollando verso la sua vecchia casa suonando la campanella e fermando i passanti, mendicando per poter ricomprare se stesso.
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