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domenica 18 novembre 2012


La linfa dei Patriarchi
Alberi Monumentali


Il vecchio Olmo di Mergozzo (VB)

Ulmus minor tiene compagnia a Mergozzo e a i suoi 

abitanti da quasi cinque secoli

Il simbolo incontrastato di Mergozzo è sicuramente l'Olmo, una pianta secolare, completamente cava, che si trova sulla riva del lago al centro della piazza principale del paese.
L'Olmo era già presente a Mergozzo dal 1600 come testimonia la più antica raffigurazione del paese conosciuta: la pala d'altare della Madonna del Rosario, dipinta nel 1623 da Carolus Canis, e conservata nella chiesa parrocchiale, largo cinque metri e mezzo e alto quindici è un Ulmus minor, specie tradizionale del paesaggio agrario italiano.
Un olmo che da sé stornella
Per i greci e i romani l’olmo era considerato l’albero di Oneiro, il demone dei sogni, e dell’alato Morfeo, uno dei mille figli di Ipno, il Sonno, a sua volta fratello di Thanatos, il trapasso. Morte, sonno e sogno erano strettamente legati e l’olmo era il loro albero. Potente oracolo, prediceva il futuro e il suo balsamo era sollievo per ferite e piaghe. Le foglie facevano scomparire il cattivo umore e, usate come imbottitura per il giaciglio, servivano a irrobustire le ossa.

Ma chi lo aveva piantato?
Una leggenda racconta che dove c’è ora l’olmo esisteva un cimitero. Lì venne sepolta la figlia di una famiglia molto povera che, non avendo i soldi per portare sempre i fiori freschi, decise di mettere a dimora l’alberello. Ai suoi piedi si sedettero un tempo i consoli, i dignitari, i magistrati del borgo ad amministrare la giustizia e da quel luogo ideale fu diretta per secoli la vita della comunità.
Nel Seicento, la popolazione, che non arrivava al migliaio, era retta da due consoli, che, eletti a suffragio universale, restavano in carica sei mesi. Le strade erano come le troviamo oggi, ma non avevano nome, bensì appellativi come Ruga, Strada Vecchia, Via dei Cavalli, Caretto, Carione o Sasso del Buco. Tutte le case erano costruite in muratura, vista la grande quantità di pietra presente nella zona. Al cadere della sera il paese piombava nel buio e brillavano soltanto le lanterne delle immagini sacre. Un’usanza curiosa di quel tempo era il grande fuoco comune: un braciere posto nella piazza davanti alla Chiesa, presso la porta, cui attingeva chiunque ne avesse bisogno. Mancavano la scuola e il medico. L’esercizio primitivo delle chirurgia era esercitato dal barbiere, che era anche sarto, anche se nei casi più gravi si ricorreva ai medici di Pallanza o di Domodossola. Segale, avena, miglio e legumi erano il cibo ordinario, oltre all’uva. Si coltivavano anche la canapa, il lino e si allevavano i bachi da seta. Era in voga uno strano copricapo: un lungo cappello di paglia che scendeva sin oltre il busto.
Nella tarda estate del 1629 scese in Lombardia l’esercito dei Lanzichenecchi e nella primavera seguente alcune compagnie si sparsero nelle terra del Lago Maggiore. In mezzo ad esse era annidato il terribile batterio Yersinia Pestis. Verso la fine di Aprile del 1630 si ebbero a Mergozzo i primi segni del morbo, con la morte, il 19 Maggio, di Barbara Pagani, una bambina di 10 anni. Il parroco, Stefano Margaritis, disse che bisognava sottoporre il corpo a una visita, per sospetta peste. Non ci fu corteo funebre e il corpo fu sepolto in un prato, fuori dall’abitato, oltre la Porta del Sasso, in un terreno chiamato la vignetta. Il giorno dopo morì anche la mamma, Caterina Pagani, di 30 anni. Il suo cadavere fu visitato da due medici di Domodossola e da un chirurgo di Pallanza e seppellita prope filiam.
Agli abitanti di Mergozzo fu proibito di uscire dai confini del paese, ma l’infezione si stava già diffondendo. Negli atti di morte il Sacerdote scrisse per tutti, rassegnato, la stessa frase: migravit ex hac vita. Dal 22 Maggio al 3 Settembre 1630 morirono circa cinquecento anime. A ricordo di quell’anno orribile fu posta in Piazza Marconi una colonna di granito di Montorfano con una croce in ferro. Lì, dove era stato eretto un altare e veniva celebrata la messa, perché la chiesa era sbarrata, si riunivano i superstiti per chiedere a Dio la grazia. La comunità, falciata dal morbo, si riunì l’11 Giugno per fare un voto a Dio: la processione in onore di San Rocco, il santo miracolosamente scampato alla peste, il 16 di Agosto presso la Chiesa di Santa Maria a Prato Scopello e la celebrazione della Festa di San Carlo il 4 Novembre, “per un tempo indefinito e per sempre”.
Ai primi di Settembre, con il sopraggiungere dei primi freddi, la peste andò scemando, ma scomparì definitivamente l’anno seguente. Le conseguenze durarono anni: le campagne rimasero deserte e incolte, le case in rovina, i mestieri e i commerci paralizzati. Quando, finalmente, l’epidemia fu debellata, alcune famiglie dai paesi vicini vennero a stabilirsi a Mergozzo e coltivarono di nuovo i campi abbandonati. Le ragazze non maritate salirono alla chiesa recando in mano i cosiddetti ginostri, alberelli fioriti, piccoli pini o allori, infiorati e abbelliti da nastri, impreziositi da limoni e monete d’argento collocati tra i rami. La celebrazione che si ripete ogni anno, il 16 Agosto, per la festa dell’Assunta. L’olmo, che dal 2002 è nell’elenco degli alberi monumentali redatto dalla Regione Piemonte, veglia ancora su Mergozzo, custode di mille e una storia.Esso era infatti al centro anche della vita sociale e politica del paese, tanto che tutte le decisioni dei capi famiglia e gli editti del Comune venivano proclamati alla pubblica piazza all’ombra delle sue fronde, come si legge nei documenti antichi “In platea publica et subtus ulmo”. Se ciò non accadeva, l’atto era da considerarsi invalido.
Olmo campestre - Ulmus minor
Divisione: Spermatophyta
Sottodivisione: Angiospermae
Classe: Dicotyledones
Famiglia: Ulmaceae
Pianta originaria dell'Europa centromeridionale e della regione caucasica. In Italia è frequente in ogni zona fino ai 1.000 metri. La diffusione della grafiosi, una malattia fungina, ne ha ridotto notevolmente la presenza.



Dimensione e portamento
Può raggiungere i 30 metri di altezza; chioma leggera ed elegante.
Tronco e corteccia
Tronco diritto, molto ramoso. Corteccia opaca, rugosa, il colore varia dal grigio al bruno, fessurata in piccole placche e solcata longitudinalmente.
Foglie
Foglie decidue, semplici, inserzione alterna , lamina ovale, base asimmetrica, apice appuntito.
Strutture riproduttive
Fiori ermafroditi, sessili, riuniti a gruppi, colore rosso (antere).
I frutti, samare riunite in gruppi, maturano in estate.
Usi

Un tempo veniva usato come tutore della vite. Il legno di Olmo campestre, di buona qualità, facilmente lavorabile e resistente all'acqua, è usato per la costruzione di mobili, porte, pavimenti e nella produzione di compensato. Non è un buon combustibile. La pianta viene anche impiegata a scopo ornamentale in parchi e giardini.

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