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mercoledì 30 gennaio 2013

Giardini nella storia 

II giardino medievale
II medioevo è un periodo storico-culturale che abbraccia circa un migliaio di anni, dalla caduta dell'impero romano d'Occidente (476 d.C.) alla scoperta dell'America (1492). Quest'epoca fu a lungo considerata un periodo di crisi e di barbarie e lo stesso termine Medioevo fu coniato per indicare un'età di decadenza posta in mezzo (medio evo) tra due età di splendore, l'età classica e l'età rinascimentale. Oggi il termine ha perso ogni significato negativo e sta solo ad indicare una grande epoca storica fondamentale per la storia della civiltà europea, in cui si sono fusi i valori più alti di diverse culture: la greca, la romana, la cristiana e la germanica.

il medioevo e l'eclissi dell'idea di giardino
Al contrario di ciò che si verifica in oriente dove i giardini di delizie non furono mai abbandonati,in occidente quest'arte conosce una lunga eclissi che inizia alla fine del mondo antico.la dottrina cristiana non concede molto spazio al lusso mondano.privato di tutti i suoi significati religiosi il giardino non potè perciò conservare il suo ruolo importante nell'ambito della cultura occidentale che,dopo la dissoluzione del mondo romano aveva prodotto un ripiegamento della vita medioevale su se stessa entro le cerchia delle mura delle città,ridotte in ambiti ristretti fra torri e bastioni merlati.
Nella lunga crisi che interessò l'Europa tra il V e il X secolo, la Chiesa svolse un ruolo di primo piano essendo riuscita a garantire per secoli un minimo di organizzazione civile e sociale. Ogni aspetto della vita medievale fu improntato alla visione della vita cristiana, fondata anziché sui valori terreni, mondani ed umani della civiltà classica, sugli ideali spirituali e trascendentali della nuova sensibilità cri­stiana che portavano a svalutare la terra a favore del cielo, la ragione a favore della fede.
In corrispondenza di ciò riaffiorò nell'uomo il primitivo timore per i luoghi selvaggi e sconosciuti, la diffidenza per la "selva selvaggia", i vasti territori insicuri ormai per le continue invasioni e scorrerie. Scomparve contemporaneamente la propensione ad ammirare le opere della natura e la considerazio­ne del paesaggio come fonte di piacere e di svago. I territori si coprirono di rocche, castelli e fortifica­zioni che per ragioni strategiche e difensive sorsero sulle alture, a difesa del feudo, sempre racchiusi da cinte murarie che seguivano la conformazione del sito. Insieme ai castelli ed ai borghi, in Italia fio­rirono in questo periodo tanti monasteri ove i monaci vivevano in contemplazione ed in mistica me­ditazione, mentre le abitazioni si stringevano attorno ai castelli dei feudatari. Così i giardini erano pic­coli, recintati e sorgevano nei chiostri dei conventi e nei pochi spazi delle corti dei castelli.
Gli insediamenti conventuali avevano una conformazione abbastanza complessa: una cinta muraria conteneva edifici, giardini e tutto quanto era necessario all'autonomia della vita del convento. I giar­dini, che sorgevano all'interno della cinta muraria, erano in genere nettamente distinti tra loro: un'a­rea era riservata alla coltivazione delle piante medicinali per il sollievo dei malati; nell'orto cresceva­no le specie orticole e le erbe aromatiche; un'altra era riservata agli alberi da frutta. L'organizzazione planimetrica del monastero si articolava intorno a uno o più chiostri.
Il chiostro consisteva in uno spazio più o meno ampio, a cielo aperto, circondato da portici, sempre di forma regolare e chiuso in se stesso. Nella sua pianta quadrata si ritrovano numerose simbologie che fanno del chiostro il luogo destinato alla meditazione: il quadrato rappresenta lo spazio per la prepa­razione in terra del paradiso terrestre. Nel pozzo al centro è il simbolo di Dio, la fonte della vita; l'ac­qua che in canaletti irriga i riquadri vegetali, è l'acqua della vita cui si deve attingere per meritare il paradiso. In quest'epoca il rapporto con Dio era un'esigenza molto sentita, accompagnata dalla consi­derazione della natura inaccessibile e chiusa nella sua purezza e da un timore reverenziale per il so­prannaturale. Questa concezione della vita si riflette anche nell'arte del giardino che diviene così il luogo in cui ricercare il contatto con la divinità.
Nella città medievale, sul retro delle case, sorgevano angusti orti in cui si coltivavano, in ordinati riquadri, erbe aromatiche, generi di prima necessità, a volte anche vigneti e frutteti. Sono giardini deli­mitati da un muro di cinta, che racchiudono uno spazio gelosamente chiuso e murato, l’hortus conclusus, il giardino perfetto, dove la natura ritrova l'originaria bellezza della creazione.
Dei giardini medievali che furono all'interno delle mura dei castelli, nei chiostri dei monasteri o alle spalle delle case restano alcune descrizioni letterarie, rappresentazioni pittoriche e numerose miniatu­re di notevole valore documentario. Un modello di hortus conclusus è rappresentato dal piccolo dipin­to (olio su tela) del "Maestro del Giardino Paradiso" dell'inizio del sec. XV, di un ignoto autore renano conservato a Francoforte, che riproduce l'ideale medievale di bellezza di natura assoluta e sovraterrena.

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