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mercoledì 24 aprile 2013

Quaranta giorni di libertà


Nel settembre del 1944, dopo più di un anno di guerriglia, le formazioni partigiane Piave, Beltrami, Garibaldi, Valtoce e Val d'ossola riescono a liberare tutta la Val d'Ossola costringendo gli occupanti nazifascisti alla fuga dopo aver subito perdite rilevanti. Il 10 settembre 1944 una lunga colonna di automezzi tedeschi e fascisti con militari e civili, scortata dai partigiani, lascia Domodossola e s’incammina verso sud, ma si imbatte in una postazione di comunisti che combattono ancora: succede un massacro, muoiono 33 partigiani. A Domodossola intanto la gente euforica si riversa per le strade sventolando il tricolore. Vengono aperte le frontiere con la Svizzera consentendo così ai giornalisti di tutto il mondo di poter documentare l’evento. Nasce così il 10 settembre 1944 la Repubblica dell'Ossola. Il comandante della brigata Va ld'ossola Superti ricevette subito l’incarico di formare una Giunta provvisoria a capo della quale venne nominato il prof. Ettore Tibaldi ( nel dopoguerra sarà vicepresidente del Senato ). In seguito verrà formata una vera e propria Giunta di governo che proclamerà la nascita della Libera Repubblica dell’Ossola. Molti furono i progetti innovativi che vennero realizzati. Nella riorganizzazione dell’attività scolastica e della giustizia furono proposte delle leggi che rimossero la precedente legislazione fascista e che affermarono i nuovi principi democratici. In breve tempo vennero nominati i nuovi ministri tra cui Gisella Floreanini, che fu la prima donna nella storia della penisola italiana a ricoprire un incarico di governo. Venne inoltre nominato un ambasciatore accreditato a Berna dal momento che la Svizzera aveva riconosciuto il nuovo Stato. Vennero cambiati i nomi delle strade. Fu sciolta l’arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza, in sostituzione si creò una Guardia Nazionale comandata dal colonnello Attilio Moneta. Apparve, però, subito chiaro l’insufficiente carattere popolare delle amministrazioni e l’errore di impostarle sulla rappresentanza dei partiti. Soprattutto nei piccoli villaggi alcuni partiti erano ignorati ed i restanti mancavano di organizzazione. Infatti chi saliva al potere doveva spesso scegliersi su due piedi un partito. Bastava che qualcuno si dichiarasse rappresentante di un’organizzazione politica ignota ai suoi concittadini, perché diventasse membro della Giunta in rappresentanza di quella organizzazione. Toccò quindi alla Giunta riorganizzare la Repubblica in vista di una controffensiva fascista. I fascisti infatti si stavano mobilitando per sferrare un violento attacco. La compagine fascista era costituita da alcune truppe regolari, dal battaglione paracadutisti Folgore di Tradate, da due compagnie della X Mas, tre battaglioni della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana), il battaglione Debiza delle SS italiane e la Brigata Nera Augusto Cristina, tutte queste truppe erano comandate dal prefetto di Novara Enrico Vezzalini (che sarà successivamente condannato a morte). In totale sono 13 mila gli uomini impiegati per la riconquista dell’Ossola muniti di cannoni, carri armati e autoblindo, i partigiani erano invece solo 3.000 e scarsamente armati. L’attacco venne sferrato all’alba del 10 ottobre, alle 17.40 la prima colonna fascista guidata da Vezzalini entrava in Domodossola. La città è semideserta,hanno abbandonato l'Ossola 35 mila cittadini, più della metà della popolazione stabile. I cittadini rimasti rimangono chiusi nelle loro case con porte e finestre sbarrate in segno di disprezzo per gli occupanti fascisti. Della Repubblica dell’Ossola restarono 150 partigiani che trovarono rifugio in Val Sesia dove comandava Cino Moscatelli, il quale permise ai superstiti dell’Ossola di riprendersi dalla sconfitta e di ricostruire le loro unità. Tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945 due formazioni partigiane poterono nuovamente tornare nell’Ossola e lottare fino alla fine della guerra. La Repubblica dell’Ossola fu un esperimento democratico che stupì e attiro l'attenzione del mondo intero, perché venne realizzato all’interno di un paese in guerra, anche se durò solamente 33 giorni.





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