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domenica 17 febbraio 2013

Il gatto con l'ombrello


A Carpugnino (Verbania) c'è la chiesa di San Donato, monumento nazionale dal 1902 in stile romano-gotico. Al centro della piazza antistante c'è il “Monumento al gatto con l’ombrello”, simbolo del paese e di una delle sue attività prevalenti: quella dei lusciatt o ombrellai.


La ragione per cui è qui è semplice e affascinante. I residenti di Carpugnino si chiamano ' Gatti, è in possesso di un ombrello per riconoscere la storia della città come il centro degli ombrellai, che nel corso degli ultimi tre secoli hanno reso questa regione famosa per la qualità dei loro prodotti.
La storia dei primi ombrellai è una storia di povertà. L'economia del Vergante anche alla fine del '700 costringeva all'emigrazione e alla ricerca di un lavoro nelle pianure lombarde e piemontesi. A Torino, a contatto con ambulanti francesi avvenne la scoperta di una nuova possibilità: la riparazione e la costruzione di ombrelli.
L'apprendista, un ragazzino di sette, otto anni, il giorno di Capodanno, sulla piazza di Carpugnino, veniva affidato dai genitori agli artigiani ambulanti, sperando che avrebbe imparato un mestiere.
"Al prumm dal lungon a Carpignin, a truà l' Casér senza an bergnin".

Il primo dell'anno a Carpugnino,
 a cercar padrone, senza un soldino" recita l'epigrafe posta nella piazza di Carpugnino. Molti fecero fortuna e molti vissero una vita fatta di separazione dalla famiglia, di notte nei fienili, di freddo e fame.
Il padrone provvedeva in tutto all'apprendista che al grido di "Ombrele!.. Ombrelé!" imparava a riparare e a costruire un ombrello. A ritorno a casa, a Natale, come compenso, se il ragazzo era stato volenteroso e si era dimostrato abile, un paio di scarpe e un ombrello di seta Gloria e poi di nuovo in giro


 Il tarusc, gergo comune grazie all'omogeneità di provenienza della categoria, permetteva una comunicazione rapida e segreta tra ambulanti che potevano davanti all'ingenuo utente scambiare notizie e commentare nella certezza di non essere capiti.

Il gergo dimostra la duttilità degli ombrellai nell'arricchire il dialetto con voci provenienti dal tedesco, dal francese, dallo spagnolo, ma soprattutto, l'arguzia di uomini che spesso poteva vantare un solo anno di scuola. Ad esempio l'avvocato è "denciòn" ed il cuoco è "brusapignat". In entrambi termini c'è la diffidenza per professioni che vengono sentiti estranee alla propria mentalità e, nel caso dell'avvocato, anche ostili.
L'avvocato affonda i lunghi denti nelle misere sostanze dei poveretti che ricorrono a lui e il cuoco, nei migliori dei casi, brucia le pentole. Del resto, a che serve un cuoco a chi mangia un pezzo di pane e formaggio, se c'è?

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