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giovedì 28 febbraio 2013


Che dire di uno spot....
meraviglia!!!















Giardini nella storia 

I giardini rinascimentali
Il giardino all’italiana sancisce il predominio assoluto dell’Italia nell’arte dei giardini per tutto il rinascimento costituendo la premessa della successiva affermazione del giardino alla francese (600).

Si connota per un carattere magnificente in cui regna una perfetta armonia, ulteriore affermazione del dominio della razionalità dell’uomo che tutto controlla fino a ridurre la stessa natura in forma architettonica (vedi arte topiaria), il giardino all’italiana si diffonde a partire da due grandi poli: Roma e Firenze.
Quest’ultima, protagonista nel 400, definisce i criteri che caratterizzeranno il giardino italiano per tutto il corso del rinascimento e del barocco, ma nel 500 è Roma a conferire eclatanza e opulenza all’impianto tipologico e a produrre la committenza che darà l’impulso più significativo alla fioritura di tale forma d’arte.
Non è un caso, infatti, che un primo esempio, e nel contempo un’efficace sintesi delle caratteristiche tipologiche del giardino all’italiana, sia costituito dal cortile del Belvedere in Vaticano, progettato da Donato Bramante per Papa Giulio II.
In tutti questi casi, si evidenzia il carattere scenografico e spettacolare dei giardini all’italiana, mirato a suscitare lo stupore del visitatore.
Tutti gli elementi vegetali vengono ricondotti in forme geometriche, mentre l’acqua si presenta in forma di zampilli, cascate, fontane, canali e vasche, costituendo uno degli elementi che concorrono maggiormente a suscitare stupore nel visitatore.
La perfezione del giardino e il suo carattere di permanenza sono determinati anche dall’uso di piante sempreverdi in funzione ornamentale.
Quello del 500 è un giardino nel quale i toni del verde, uniti alla pietra degli elementi architettonici, costituiscono le uniche note cromatiche.
Bramante con i giardini del Belvedere per papa Giulio II e Raffaello con Villa Madama progettata per Clemente VII, cominciarono a creare i grandi giardini del Rinascimento romano, su terreni spesso collinari dove risolvono il problema dei dislivelli con scalee e terrazze, secondo linee di grande so­lennità. La storia delle ville rinascimentali, iniziata a Firenze con un certo stile, culmina a Roma in uno splendore straordinario e riguarda soprattutto la vita delle corti papali. Il fatto nuovo è che il giar­dino viene del tutto sottomesso all'architettura del palazzo. Poiché è lo spazio destinato al soggiorno dell'aria aperta, esso è meraviglioso come la villa, se non più, ed è sua parte integrante.
Ha impor­tanza come ambiente, come fondale, come scena. L'uomo del rinascimento manifesta così il suo sen­so della natura che è in realtà il culto della natura umana: si sente al centro dell'Universo e se ne com­piace. È la rinascita dell'uomo dopo il medioevo. In questo periodo il giardino si separa completa­mente dall'orto. Esso ha il suo nucleo che parte dalla casa e tutti gli elementi naturali vengono rima­neggiati, plasmati, adattati alle forme volute. L'acqua ha funzione decorativa con zampilli, cascate, vasche e peschiere.
Si tiene gran conto del paesaggio circostante e si collega con questo il giardino mediante visioni paesistiche create dalla fantasia. Si preferisce costruire sulla collina, in cima o a mezza-costa (considerata anche la conformazione orografica del territorio italiano); si sfruttano i di­slivelli con terrazzamenti e spiazzi, uniti tra loro con rampe e scalinate scenografiche, e si creano vi­suali paesistiche, su una o più direttrici, facendo di piccoli appezzamenti di collina brulla delle verdi opere d'arte.
Tutte le parti del terreno sono rivoluzionate, ridotte a forme geometriche; i viali dirigo­no lo sguardo sui punti più interessanti come le fontane, i belvederi, i giochi d'acqua, gli spiazzi ame­ni, le statue ecc.. Poiché la vegetazione è plasmata con potature eccezionali, sono preferite le specie di alberi che possono essere potate come il cipresso, l'alloro, il mirto, il bosso, il tasso, il leccio. Gli agrumi sono disposti in vasi e servono soprattutto per ornamento col loro verde tenero sullo sfondo verde-scuro dei cipressi, dei lecci e del bosco. Non ci sono fiori in questi giardini, ma piuttosto tante diverse tonalità di verde, godibili tutto l'anno.
Certo sono stati creati così anche in considerazione del nostro clima. I fiori e le erbe aromatiche vengono coltivati nei piccoli giardini segreti, di regola nel Cinquecento; sono anch'essi una grande invenzione perché portano nel grande giardino un an­golo intimo, riservato e felice, dove intrattenersi coi familiari e gli amici.

mercoledì 27 febbraio 2013


Al ciant del gal

TU MI INSEGNI...


IL MARCHIO NERO


Il Marchio Nero  è il simbolo della manifestazione di Lord Voldemort, e quando era ancora al potere lui e i Mangiamorte lo facevano apparire nel cielo ogni volta che commettevano un omicidio. Il Marchio è anche tatuato sull'avambraccio sinistro di ogni Mangiamorte ed è costituito da un teschio con un serpente annodato che gli esce dalla bocca. Voldemort può far in modo di farlo bruciare usandolo come sistema per chiamare a raccolta i suoi seguaci. Hermione ne prenderà spunto per creare delle monete sulle quali ci sarà la data delle lezioni dell'Esercito di Silente. Può essere apposto appoggiando la punta della bacchetta magica direttamente sull'avambraccio e pronunciando la formula magica Morsmordre. La stessa formula serve per evocare il marchio nel cielo. Barty Crouch Jr. lo evoca alla coppa del mondo del Quidditch (Irlanda-Bulgaria) in Harry Potter e il calice di fuoco nell'agosto del 1994.
Successivamente lo ritroviamo anche al sesto anno, evocato sopra la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Nella vita di Harry però, per la prima volta appare a Godric's Hollow sul tetto della casa dei suoi genitori.
Nei numerosi dolci prodotti da Fred e George risaltano i Marchi Neri commestibili, molto apprezzati.


Le fronde raccontano
miti e leggende


LEÙKE IL PIOPPO BIANCO SACRO AD ERACLE


Il pioppo bianco (Populus alba) si distingue da quello nero per il colore del tronco, molto più chiaro e per la forma e la colorazione delle foglie; in particolare queste ultime hanno la pagina inferiore molto chiara, quasi bianca, e quella superiore decisamente più scura. I greci antichi chiamavano il pioppo bianco Leùke dal nome di una ninfa.


Secondo il racconto dello storiografo Servio, la ninfa Leùke inseguita da Ade e non volendo cedere alle brame amorose di quest’ultimo, giunse durante la sua fuga disperata fino al confine con gli inferi nei pressi del fiume Mnemosyne (“la memoria”). Questo fiume sacro rappresentava il confine tra il Tartaro soggetto ad Ade e l’Eliseo, il regno dei beati governato da Crono. La poverina, non trovando più via di scampo, chiese agli dei di essere trasformata in un albero, un pioppo bianco, preferendo una morte luminosa alla capitolazione alle brame amorose del dio degli inferi.

L’albero di Leùke ritorna poi nell’epopea di Eracle che, alla fine della dodicesima fatica, di ritorno dagli inferi, intrecciò una corona con le foglie del pioppo bianco che cresceva sulle rive di Mnemosine. A contatto con l’aria la parte superiore delle foglie rimase di un colore scuro, a ricordare le tenebre dell’oltretomba ma la pagina inferiore delle foglie assunse da quel giorno, a contatto del sudore dell’eroe, un colore molto più chiaro, bianco-argenteo.
Da allora il pioppo bianco divenne sacro ad Eracle perché il colore delle sue foglie simboleggia le vittorie dell’eroe nei due mondi. Tra i greci il culto del pioppo bianco, simbolo di morte luminosa, si contrappone a quello della morte funesta rappresentato dal pioppo nero.

martedì 26 febbraio 2013


Causa influenza/colera/epidemia in questi giorni Kalleidos è rimasto solo a tenere viva la pagina, grazie quindi per l'impegno e gli articoli interessantissimi che sta pubblicando in questi tristi giorni  :)

Antica saggezza veneta

Zenaro seco, vilan rico.
Gennaio asciutto, contadino ricco.

Aria rossa, o piove o sufia.
Cielo rosso di mattina, pioggia o vento.

El caìvo lassa 'l tempo che 'l trova.
La nebbia lascia il tempo che trova.

In Marso, un sol e un 'guasso.
A marzo, un giorno di sole e uno di pioggia.
L'ottava zolla

Giardini botanici di Kew Royal Botanic Gardens
I Giardini Botanici Reali di Kew, più noti come Kew Gardens, sono un esteso complesso di serre e giardini ubicati tra Richmond upon Thames e Kew, a circa 10 km a sud-ovest di Londra, in Inghilterra.
 Sono situati lungo il paesaggio culturale del Tamigi. Sin dal XVII secolo, il sito è stato residenza della famiglia reale. Nel XVIII secolo, architetti di fama mondiale del calibro di William Chambers e
«Capability» Brown non solo crearono diversi edifici, ma rimodellarono anche i vecchi giardini barocchi per creare un paesaggio pastorale in stile inglese, stabilendo una moda che si sarebbe poi diffusa in tutto il continente. Il primo giardino botanico di Kew, in origine adibito a piante medicinali, è stato fondato nel 1759 dalla Principessa Augusta e da Lord Bute.
Oggi coprono una superficie di oltre 120 ettari e ospitano collezioni botaniche (piante essiccate, piante viventi, documenti e illustrazioni) che si sono arricchite nel corso dei secoli.
 Con 40 mila specie di piante diverse, alcune estinte in natura, coltivate in 5 serre, ciascuna con un differente ambiente climatico, dai nomi più o meno noti come la Palm House, la Temperate House, la Waterlily House, l’Alpine House e il Princess of Galles Conservatory. 
Famosi in tutto il mondo e meta obbligatoria di appassionati e botanici, ogni anno i Kew Gardens registrano più di un milione di visite, coordinando 700 addetti e 500 volontari che puntualmente contribuiscono alla ricerca di soluzioni per i problemi creati dalla deforestazione e diminuzione della biodiversità.
Tanto per avere un’idea della contabilità botanica, ci sono 360mila specie di piante da fiore sulla terra. Almeno 30mila sono commestibili. Più di un miliardo di persone si nutre con piante selvatiche. Un quarto delle medicine provengono direttamente o indirettamente dalle piante e 3/4 della popolazione si affida alle piante per la cura del corpo e la foresta amazzonica produce 1/5 dell’ossigeno totale della terra. Attraverso programmi di ricerca i Kew Gardens, seguendo un piano strategico di 7 obiettivi da raggiungere, ogni anno scoprono 2mila nuove specie vegetali.
Non solo per inserirli nell’elenco delle piante conosciute dall’uomo, ma anche per contribuire alla salute del nostro pianeta. Ma c’è di più. I botanici che vi lavorano, hanno classificato le piante secondo le loro caratteristiche, integrando i metodi tradizionali di classificazione con le moderne analisi del Dna conservando quest’ultimo in una vera e proprio banca del Dna che al momento conta 38mila specie diverse. Inoltre comparando il Dna di diverse specie vegetali, sono emerse delle relazioni di specie che risultano fondamentali per la classificazione e lo sviluppo di studi futuri, utili alla salute dell’uomo.
Il Dna Barcode è un altro progetto che aspira ad attribuire un codice a barre ad ogni specie vegetale per la protezione di piante in via di estinzione e lo studio di nuove piante medicinali. I Kew Gardens risultano infatti tra i fondatori del Cbol, Consortium for the Barcode of Life.
Creati nel 1759 e dichiarati nel 2003 dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, i Kew Gardens sono considerati tra i più antichi giardini botanici. Il nucleo iniziale era formato dai giardini esotici della Kew House di proprietà di un nobile dell’epoca, Sir Capel di Tewkesbury. La vicinanza del fiume e la tranquillità dell’area avevano condotto molta nobiltà dell’epoca a scegliere la zona di Kew e Richmond come residenza d’eccellenza. Inoltre la scoperta di nuove terre e nuove rotte aveva diffuso nel XVII- XVIII secolo l’esigenza di raccogliere piante esotiche e medicinali non solo per scopi scientifici, ma anche per interessi di tipo economico.
Così si può leggere nel Gardeners Dictionary, pubblicato nel 1731 da Philip Miller, capo giardiniere del Physic Garden, l’orto botanico di Chelsea: «Verso la metà del diciottesimo secolo, gli alberi originari dell’America invasero l’Inghilterra, mutandone il paesaggio per sempre» e ancora «parallelamente all’espansione dell’impero, aumentò il numero di specie in arrivo in Gran Bretagna offrendo ai giardinieri una scelta sempre più ampia. All’alba del diciannovesimo secolo, anche il più umile dei giardini poteva vantare fiori e cespugli esotici.
La floricultura aveva subito cambiamenti così drastici da proiettare all’avanguardia l’Inghilterra, fino a un centinaio di anni prima assai provinciale e isolata, trasformandola nel giardino del mondo». Infatti fu sotto il regno di Giorgio III – chiamato “Giorgio il fattore” perché fece importare specie vegetali di ogni tipo e da ogni parte del mondo – che fiorirono le enormi serre in stile vittoriano.
Grazie anche agli sviluppi apportati dalla principessa Augusta di Hannover, nel 1840 i giardini del Kew Gardens vennero ufficialmente dichiarati Orto Botanico della nazione inglese. Successivamente si sono aggiunti diversi lotti di giardini di proprietà reale e nobiliare che hanno trasformato in 200 anni di storia questo enorme orto botanico in una meravigliosa risorsa inestimabile
Non potevano mancare, inoltre, per un orto botanico così fatto, esemplari storici di piante. Lungo il percorso facilmente ci si imbatte in uno dei più antichi esemplari di castagno, Castanea Sativa, del 1600- 1700, risalente al tempo dei possedimenti di Giorgio III. Proseguendo infine si incontrano quelli che vengono definiti “I vecchi leoni” una serie di piante antichissime del 1762 che comprendono un Ginkgo Biloba, l’albero della pagoda Sophora japonica, un Platanus Orientalis, una Robinia Pseudoacacia e una Zelkova Carpinifolia.


lunedì 25 febbraio 2013

Buonanotte a tutti :)
Questa mattina !!!
Io e un gruppetto
di saggi
Ci chiediamo ??
che cavolo ci stiamo a fare qui !!
Torno a casa và ihihhihi XD

Nonostante tutto 
Aleksej Grigor'evič Stachanov
ha diseppellito l'auto
ed è arrivato puntuale O_o :XD

Buon Esbat a tutti, oggi 25 febbraio festeggiamo la Luna Immacolata




La Luna di Febbraio è chiamata principalmente Luna di Ghiaccio e Luna delle Tempeste.
E’ anche conosciuta come la Luna Cornuta, La Luna della fame, la Luna selvatica, La Luna veloce, la Luna del grosso inverno.
Dato che questa Luna si fa piena quando la neve ricopre ancora molte regioni, ha il potere della purezza, dell’innocenza e della gioia.
Parla al fanciullo che è dentro di noi – ricordo di un tempo quando la vita era semplice, quando un sorriso era prezioso e ogni cosa sembrava possibile. Proprio per queste caratteristiche, la Luna Immacolata fa venire voglia di ridere, di correre e giocare, di fare le capriole e di divertirsi.
Sotto la sua luce troviamo le soluzioni a situazioni confuse. Le barriere si piegano e cedono, e i nostri obbiettivi personali tutt’a un tratto diventano raggiungibili. La Luna Immacolata ci offre l’opportunità di eliminare ciò che é vecchio e inutile. La sua venuta é il segnale che é tempo di voltare pagina e di iniziare un nuovo capitolo della vita.
Suggerimenti per festeggiare la Luna Immacolata:
  • Indossate abiti bianchi per rendere omaggio all’ innocenza e alla gioia
Prendete dei provvedimenti per semplificare la vostra vita.  Se siete una persona che tende ad accumulare o ha difficoltà a sbarazzarsi di oggetti inutili, per esempio, accendete una candela bianca in onore della Luna Immacolata.


Le fronde raccontano
miti e leggende


ARGÒS LA NAVE CHE PARLA

La capacità oracolare della quercia sacra torna anche in un altro mito, quello degli Argonauti. Giasone ed i suoi compagni intrapresero il viaggio verso il regno di Eete, la reggia “dove il sole si riposa durante la notte”, per riconquistare il mitico vello d’oro.
Per compiere il viaggio venne costruita, con l’aiuto della dea Atena, la nave più veloce mai esistita, Argò “la rapida” . La nave aveva il dono della parola perché nella prua era incastrato del legno delle querce sacre di Dodona.
L’impresa degli argonauti aveva come scopo quello di recuperare il vello d‘oro, custodito ad Eete appeso ai rami di una quercia sacra protetta da un drago fiammeggiante. Il viaggio porta gli Argonauti in terre diverse e attraverso svariate avventure. Quando finalmente raggiungono la Colchide, il re Eete subordina la consegna del vello alla condizione che Giasone riesca a domare due tori dagli zoccoli di bronzo, che soffiano fuoco dalle narici e compia ulteriori gesta sovrumane.


La figlia del re Medea, esperta di arti occulte, innamoratasi di Giasone gli offre il suo aiuto, purché lui la porti con sé in Grecia.Giasone supera le diverse prove, con i sortilegi di Medea riesce a far addormentare il terribile drago e fugge con Medea e con il vello, inseguito dai soldati di Eete, dopo aver ucciso il fratello di lei Apsirto. La navigazione degli Argonauti li porta fino in Adriatico, dove Zeus li punisce dell'omicidio, facendo loro smarrire la rotta.


Fu la nave stessa, urlante, ad intimare a Giasone, che tornava in patria dopo l’impresa, di recarsi dalla maga Circe che avrebbe purificato i due peccatori, Giasone e Medea, dall’assassinio di Apsirto.