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domenica 24 febbraio 2013

Giardini nella storia 
Il giardino quattrocentesco
L' ideologia antropocentrica quattrocentesca impone la conoscenza delle leggi della natura e, attraverso esse, dell’uomo inteso come microcosmo nel macrocosmo.
Ne consegue una concezione secondo la quale nel giardino viene ricreato l’ordine cosmico attraverso l’applicazione del ritmo e dell’armonia, della proporzione e dell’equilibrio, che si esplicano nell’utilizzo di un rigido geometrismo e nel rigoroso controllo di tutte le parti e del rapporto di esse con il tutto, secondo una logica che troverà ulteriore sviluppo ed applicazione in tutto il Rinascimento.

In Grecia e a Roma il giardino aveva avuto un ruolo fondamentale per filosofi, poeti, eruditi, come luogo ideale dell’insegnamento e della poesia.
Tale esempio sarà il faro dell’umanesimo italiano; l’esigenza del recupero del patrimonio artistico e culturale del mondo classico, per i suoi modelli di perfezione e bellezza, porta allo studio e alla rievocazione di vari aspetti di queste civiltà da parte di numerosi cultori delle letterature classiche, che si dissero “umanisti”.
Costoro hanno una visione sublime del passato e sognano, dopo secoli d’oscurantismo, il trionfo della luce.
Gli antichi avevano insegnato che la bellezza è il frutto dell’armonia.
Nella sua progettazione e realizzazione riflette i grossi cambiamenti culturali avvenuti in Italia ed in Europa nei sec. XIV e XV. Il giardino o orto, anzi orti, come venivano chiamati, ha di nuovo il suo va­lore, come luogo d'incontro e di svago ove è bello conversare, meditare e riposarsi, continuando ad es­sere un orto vero e proprio, ricco di frutta ed ortaggi, come era avvenuto nell'età classica. Qui gli uma­nisti amavano passeggiare contemplando e desiderando conoscere la natura in ogni suo aspetto. Si as­siste ad una rivalutazione, fondamentale per il pensiero umanistico, della umanissima caratteristica di alzare lo sguardo e "contemplare", cedendo a quel "piacere degli occhi" (concupiscentia oculorum) condannato dalla religiosità medievale.
Ricorda nella forma ancora L’Hortus conclusus: un vasto rettangolo, estremamente equilibrato, recin­tato da un alto muro che lo divide, non lo confonde con la casa e rispecchia una vita ancora piena d'in­timità. Ha un disegno lineare e semplice con criteri funzionali e si armonizza molto bene con l'archi­tettura. L'insieme, giardino casa, è una composizione armoniosa, eppure il giardino non è la conti­nuazione della casa. C'è sempre un desiderio di ordine, di chiarezza, di semplicità che andrà però man mano riducendosi. Questo giardino è il tranquillo rifugio di un uomo colto, di un tempo sereno.
In quest'epoca nascono i primi trattati sull'arte di progettare i giardini come il De re aedificatoria di Leon Battista Alberti (1404-1472). Qui, l'autore, rifacendosi alle descrizioni delle ville romane, dà le in­dicazioni su come costruire le nuove ville. Raccomanda di scegliere luoghi panoramici, sui quali sorgerà la casa aperta sul paesaggio, in modo tale che lo sguardo possa spaziare liberamente sulle radure fiori­te, pianure, boschi ombrosi e ruscelli ricchi d'acqua. La costruzione è collegata tramite le logge al giar­dino e al paesaggio che la circonda; le pareti, affrescate con motivi floreali accrescono lo stretto rapporto con la natura.
Ci devono essere gallerie aperte per prendere il sole e il fresco, grotte incrostate di conchiglie, boschetti di alberi da frutta e cipressi ben potati, capannine con colonne di marmo intrec­ciate di vite per godersi l'ombra, belvederi, sedili. Indispensabile sono i sentieri bordati da siepi di bos­so ben tagliate e la disposizione ordinata di vasi di pietra, statue antiche, fontane con acqua zampillan­te.
La villa quindi è inserita nell'ambiente naturale, ma intorno ad essa l'architetto crea un paesaggio nuovo, che ha però stretti legami con l'antichità classica. Esempi di giardini quattrocenteschi si trova­no soprattutto in Toscana: le colline fiorentine, con i loro dolci pendii ed i vasti panorami furono i luo­ghi prediletti soprattutto dai Medici, signori di Firenze.
Cosimo il Vecchio si fece costruire e modifica­re diverse ville tra le quali la preferita si trovava a Careggi in un incantevole panorama, altre si trova­vano a Cafaggiolo e al Trebbio. Quest'ultimo giardino esiste ancora; una delle pergole ha le sue colonneoriginarie, i suoi muri che lo circondano e la chiesetta. Le ville medicee, costruite tra la fine del '400 e del '500 furono riprodotte dal pittore fiammingo Utens, su commissione del granduca Ferdinando I, in quattordici lunette per la "sala grande" della villa di Artimino. Più che per l'aderenza alla realtà, il loro valore consiste nella documentazione del valore attribuito in quest'epoca al giardino in sé.

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