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sabato 11 aprile 2015

Felek Xayîn e

I curdi esprimono sempre la loro rabbia per la morte dolorosa di una persona importante e amata dicendo Felek Xayîn e , cioè, l'universo ci ha tradito
Cade combattendo il bardo guerriero

Viyan Peyman
Cantava e combatteva Viyan Peyman,giovane ventiseienne,amatissima cantante curda,originaria della città di Mako del Kurdistan iraniano,uccisa lunedi 6 aprile 2015,mentre lottava contro lo Stato islamico a Serekaniye (Siria)

Il suo vero nome è Tali Cinganlo Gulistan, Gulistan significa giardino.Aveva scelto il nome Viyan Peyman, come un nome di guerriglia. Peyman Viyan in castigliano significa volontà e l'impegno.
Viyan, un poeta combattente che praticava la tradizione canzone popolare curda / poesia di Dengbej, era conosciuto tra le fila della YPJ e non solo per il suo lavoro. La sua composizione "Kobanê," è stato fatto in un video musicale pochi mesi prima della sua morte. il pezzo per comunicare l'entità della desolazione e perdita in città. "Viyan diceva sempre, 'La mia gente è sotto la tirannia è bloccata tra quattro mura. Come posso abbandonare la lotta e andare a lavorare nelle arti e nella cultura? '"arte di Viyan e la lotta hanno avuto lo stesso obiettivo. Nel raccontare la storia della resistenza e nel sollevare il morale dei suoi compagni.

I dengbej sono dei cantastorie o poeti-cantori curdi, depositari delle tradizioni e della lingua curde, il cui repertorio è costituito da canti, tramandati oralmente, di avvenimenti storici o epico-leggendari
La figura dei dengbej è paragonabile in parte a quella degli aedi dell'antica Grecia o a quella dei bardi celti. Il canto dei dengbej è accompagnato talora da strumenti a fiato come blur e duduk.
Fin dal medioevo quelle del Kurdistan furono valli di musiche e parole.viaggiavano grazie ai dengbej.

Secondo il celebre scrittore armeno Hovhannès Toumanian (1869-1923) «ogni curdo è un poeta». Al termine del XIX secolo, quando questo fine conoscitore di usi e costumi dei suoi vicini curdi formulava tale osservazione, la società curda era ancora ampiamente rurale e tribale. Allevatori nomadi e contadini vivevano in simbiosi con la natura, continuavano a cantare, come facevano i loro antenati fin dalla notte dei tempi, le loro gioie e le loro pene, a immortalare con il canto i momenti significativi della loro vita personale e collettiva. Le frequenti gare poetiche, le feste di matrimonio, che talvolta duravano una settimana, offrivano l’occasione a questi poeti compositori anonimi, generalmente analfabeti, di far conoscere le proprie creazioni e di improvvisarne per rispondere ai loro concorrenti. I canti più apprezzati circolavano da una vallata all’altra attraverso tutto il territorio curdo grazie agli straordinari trasmettitori di memoria collettiva che per secoli furono i dengbêj, cantori professionisti più vicini agli aedi greci che ai trovatori o ai trovieri del Medioevo francese.





1 commento:

  1. Onore e merito per aver pubblicato coraggiosamente questa triste notizia....come si dice '' se è vero che sono sempre i peggiori che restano...è anche vero che sono sempre i migliori che ci lasciano....''
    -ARAL-

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