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venerdì 1 maggio 2015

Sfrusitt


Il contrabbando è stato da sempre un’attività tipica delle zone di frontiera, l’Ossola non fa eccezione e in vari tempi e in varie modalità i valligiani si sono sempre dedicati a trasportare merci di vario genere attraverso il confine con la Svizzera.
Bisogna ricordare che storicamente le popolazioni dei confini hanno condiviso le stesse necessità e gli stessi problemi, quindi per i montanari ossolani e svizzeri è stato naturale avere degli scambi commerciali e dei rapporti umani.
Le vicissitudini economiche e storiche hanno modificato nel corso del tempo la natura dei commerci fra Italiani e Svizzeri. Nei primi anni del 900 il contrabbando era essenzialmente di sigari e di tabacco da pipa dalla Svizzera verso l’Italia. Dopo la prima guerra mondiale il traffico si sposta verso caffè zucchero, spezie e a volte sale.
Con il fascismo arrivano anche le sanzioni e con queste vengono a scarseggiare le cosiddette “merci coloniali”; questo porta ad un considerevole aumento del volume dei traffici. Con il fascismo nasce anche la Milizia Confinaria che aveva l’ordine di sparare a vista sui contrabbandieri.



Allo scoppio della seconda guerra mondiale anche gli Svizzeri chiudono e sorvegliano il confine e di conseguenza i traffici vengono bloccati.
Nei primi mesi dopo la fine della guerra le merci ricominciano a circolare, stavolta si tratta principalmente di riso e altri generi alimentari che venivano portati dall’Italia verso la Svizzera.
A partire dal 1948 comincia il contrabbando delle sigarette dalla Svizzera all’Italia che dura fino ai primi anni 60. Dopo questo periodo il contrabbando si sposta su altri canali e sparisce così in Ossola la figura dello spallone o “sfrusin”, ossia della persona che valicava le montagne a piedi con un carico di sigarette che arrivava a volte fino a quaranta chili. Questa figura è stata molto presente nell’immaginario collettivo locale tanto da ispirare racconti e canzoni popolari e tutt’oggi è ancora una parte importante della tradizione culturale locale. Negli ultimi tempi sono state molte le iniziative che ricordano il fenomeno: si va dai romanzi di ambientazione fino alla proposta di realizzare a Masera un monumento agli “sfrusitt” morti.

Quando si parla di contrabbando vengono in mente subito gli ingenti quantitativi di droga e altre merci che ormai con una certa frequenza sono sequestrati dalle nostre Forze dell’Ordine. Polizia, Carabinieri, e Guardia di Finanza sono continuamente messi alla prova per indovinare e scoprire i più fantasiosi metodi adottati dalla malavita per il trasporto, l’importazione e la distribuzione sul suolo italiano di ogni tipo di articoli. Noi però vogliamo parlare, seppur brevemente, di un altro tipo di contrabbando, di un contrabbando che in un certo senso possiamo definire “più genuino”, un contrabbando che alcuni scrittori definiscono “romantico” e che per la gente di montagna a volte era l’unica alternativa all’emigrazione o alla fame. Dobbiamo aggiungere che proprio i contrabbandieri, come i cacciatori e i cercatori di cristalli, con la loro conoscenza delle montagne hanno dato un importante aiuto nella conquista delle Alpi, e più recentemente, durante la Seconda Guerra mondiale, hanno aiutato i partigiani nella loro lotta per la liberazione, in più sempre in quel periodo non pochi sono stati gli ebrei ed i perseguitati politici a fuggire in Svizzera affidandosi alla loro perfetta conoscenza della montagna degli spalloni. Questo fenomeno interessò le zone di confine lungo tutte le Alpi.
Uno dei primi episodi conosciuti, risale al lontanissimo 1757: 44 donne provenienti dalla valle Onsernone (valle ticinese che confina con la Val Vigezzo) furono fermate dagli agenti di frontiera mentre cercavano di portare in Italia circa 10.000 cappelli di paglia: dove li nascondessero non è riportato nella notizia. 


Quello degli “sfrosit” era un mondo con una propria etica ma anche con parecchi contrasti: sovente i contrabbandieri e le guardie incaricate della sorveglianza del confine si trovavano nella stessa osteria prima di “andare al lavoro”, e poteva capitare che le guardie, ben sapendo quali erano le motivazioni che portavano i loro concittadini a fare un viaggio tra le montagne, quando scoprivano gli spalloni attraversare il confine, chiudessero un occhio limitandosi a sequestrare una parte della merce e segnalando sul rapporto che era stata confiscata ad ignoti. A volte erano gli sfrosit a “consegnare” alla Finanza una piccola parte del carico, ma solo per salvarne una ben più grande, però gli scontri, a volte molto cruenti, erano all’ordine del giorno. Al Passo d’Antigine che collega la Valle di Saas a quella di Macugnaga il 6 ottobre 1962 un colpo sparato involontariamente da una guardia pose fine alla vita di un contrabbandiere della Valle Anzasca: l’ultima vittima ufficiale del contrabbando, anzi di questo tipo di contrabbando perchè dopo è stato l’inizio della fine di un mondo che sotto certi aspetti era “pulito”, un mondo dove gli spalloni lavoravano per bisogno, e non certamente per arricchirsi come fece e fa tuttora la criminalità organizzata. Era comunque una realtà dalle mille sfaccettature dove contrabbandieri, popolazione, guardie di finanza erano, a secondo delle circostanze, amici, nemici, complici.

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