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lunedì 4 marzo 2013


Le fronde raccontano
miti e leggende


In Africa sotto l’ombra di un albero la gente narra la propria storia: le voci i suoni e i fruscii arrivano dai rami più alti, da sottoterra e dal cielo. Per questo l’albero che diffonde la sua ombra è molto più di un albero: è la vita stessa.
Una leggenda africana narra anche che le streghe esistono e che di notte si radunano sui grandi alberi isolati in mezzo ai campi; di notte le streghe avvolgono la terra in una grande ragnatela: un capo del filo lo tengono in mano, l’altro passa su tutti gli alberi del mondo. Se una persona prova ad aprire la porta per uscire, urta la ragnatela: le streghe se ne accorgono e si dileguano spaventate nelle tenebre.

Anche la poesia africana esprime una sapienza tradizionale: la “pazzia” che esalta Aimé Césaire,
“grande poeta negro” del XIX secolo come lo definì il “pontefice del surrealismo” André Breton,
esprime l’antiragione del pensiero razionalista europeo: «la pazzia che urla si riferisce alle
rumorose feste estatiche religiose, alla veggenza africana e all’estasi della libertà». Per Césaire, che ha forgiato il termine “negritudine” in relazione all’oppressione culturale del sistema coloniale francese, il progetto di assimilazione culturale era una svalorizzazione dell’Africa e della sua cultura: la negritudine era invece un umanesimo attivo e concreto rivolto a tutti gli oppressi della terra. Nella poesia di Césaire «la ragione si sacrifica al vento della sera» e il «bosco che miagola» è la voce degli schiavi che imitavano quella degli animali della foresta per fuggire dai padroni, così come «l’albero che trae dal fuoco le castagne» (marrons: sono gli schiavi fuggitivi) esprime la possibilità di salvarsi dalla schiavitù salendo su di esso.
L’albero sacro, nella cosmologia delle culture africane, oltre ad essere un abituale luogo di socializzazione dove vengono raccontati miti e leggende, ha una valenza religiosa anche per i riti
d’iniziazione. Nel popolo Akamba, che ha origine nell’Africa centrale ed è presente in Kenya,Camerun e Congo, gli iniziati vengono condotti sotto un albero sacro che di solito è un fico o un sicomoro che si trova lungo le rive di un fiume. Il rito sotto l’albero sacro simboleggia la visita ai morti-viventi e agli spiriti che vi risiedono: il richiamo agli antenati indica che i morti sono presenti tra i viventi.

Alberi mitici appaiono in molte storie africane: gli Herero credono che la vita sia generata
dall’albero e che esso si trovi nell’Aldilà; per i Nuer e i Sandawe, gli uomini sono nati da un albero, mentre i Bambuti, Chagga e Meru raccontano dell’“albero proibito”, perché Dio vietò ai primi uomini di mangiarne i frutti e quando gli uomini infransero la volontà divina, la morte giunse sulla terra e Dio si allontanò dal mondo. Vi sono boschetti sacri e altri alberi come il baobab e il fico selvatico che sono associati a Dio, dove la comunità offre doni, sacrifici e preghiere. Il baobab si trova nell’Africa tropicale e cresce nelle zone del Sahel, può raggiungere l’altezza di 25-30 metri ed una circonferenza di 21 metri.
Ha molteplici funzioni sociali perché sotto la sua ombra si riuniscono animali e uomini ed è un luogo di incontro e di sepoltura. Intorno a questo albero esistono molte leggende, ed è considerato un albero cosmico, perché sembra che tragga la sua forza dal cielo.
Dalle foglie e dai frutti del baobab vengono estratte delle bevande ricche di vitamine. L’uso medicinale di questi estratti è molto diffuso nelle comunità per alleviare il dolore e curare alcune
malattie.
Un altro albero sacro è il mango che, come racconta Kapuscinski, cresce nella provincia etiopica di Wollego, vicino al Nilo Azzurro. Attorno ad ogni mango secolare vi è un villaggio ed esso sembra custodire tanti segreti della comunità, perché ha tante funzioni: sotto i rami del mango si
riuniscono i bambini del villaggio e quando «il cielo si fa di un bianco incandescente» tutta la comunità si ripara sotto l’albero.
Sotto il mango si riunisce anche il tribunale del villaggio quando avvengono delle liti e dei conflitti tra i membri della tribù. La sera è l’ora dei colloqui con gli antenati che per i componenti del villaggio sono sempre presenti tra loro. La notte, invece, appartiene alle streghe che, secondo le leggende della comunità, si radunano sui rami degli alberi per tenere riunioni e consigli: è meglio non disturbare le streghe perché «insofferenti come sono di essere spiate o ascoltate sono capaci di vendicarsi, di perseguitare, di mandare malattie e infliggere dolore».

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