Il calendario Veneto affonda le radici nella notte dei tempi fra i popoli indoeuropei. La zona originaria dei Veneti era il nord dell’Europa centrale (zona Lusaziana), dove gli scavi archeologici degli ultimi 30 anni stanno confermando quello che diverse fonti antiche riportavano. Tuttavia l’archeologia racconta anche una irradiazione in tutta europa di questa cultura e di un suo ritorno dalla Pannonia a seguito di guerre ed invasioni. Continuo lo scambio culturale e commerciale dei veneti con gli altri popoli.
dea Reitia |
La civiltà veneta antica (venetica) sapeva coltivare, produrre il vino, allevare gli animali, scrivere, lavorare i metalli e le ceramiche, fare arte nelle case e nei monili, già attorno il 3000 Avanti Cristo.
Questa civiltà creatrice aveva come divinità principale la Dea Reitia che era appunto la dea Madre della vita, generatrice di essa, e protettrice della salute (“sanitei”).
Non stupisce dunque che proprio quando la terra, ancora nel freddo, inizia l’attività generatrice e si prepara alla primavera, ossia nel mese di marzo, proprio allora i veneti festeggiassero la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo.
Attorno al 2500 A.C. iniziarono diverse migrazioni dei veneti, secondo alcuni per cause climatiche ed ambientali, secondo altri per una certa naturale espansione di una civiltà che sapeva dare molto alle altre senza bisogno di far guerra. Essi si espansero in tutte le direzioni, cosicché sono di origine indoeuropea anche le popolazioni dell’est come dell ovest fino all’odierno Iran.
Verso sud essi si stanziarono anche nell’Anatolia, e successivamente, intorno al 1200 A.C., a seguito della guerra di Troia da cui Antenore fu salvato, si stanziarono nell’alto Adriatico, fondando o rinvigorendo Padova e altre Città.
Forse perché i romani ebbero come capostipite Enea, un discendente di Antenore, anche essi usavano il calendario indoeuropeo con inizio a marzo, ma tuttavia esso non rispondeva bene alle loro necessità dato che era originario di luoghi soggetti all’inverno artico.
Alcuni sostengono che per i Romani l’anno iniziasse perché intitolato a Marte, dio della Guerra, ma questo non tiene conto che secondo la mitologia romana arcaica e più antica, Marte era invece il dio della natura e della fertilità (come la dea Reitia) ed anche il dio della pioggia e dei tuoni, e solo successivamente, in età classica, divenne il dio della Guerra innovando o staccandosi dalla cultura indoeuropea arcaica.
Comunque fosse, ancora oggi il calendario risente dell’impronta indoeuropea, per cui a partire da Marzo, il mese della rinascita e primo mese dell’anno, si contano i dieci mesi, di cui il settimo (settembre), l’ottavo (ottobre), il nono (novembre) e il decimo (dicembre) conservano ancora la loro numerazione. Il quinto mese (Luglio ) e il sesto (Agosto ) furono poi intotalati a rispettivamente a Julius e ad Cesare Augustus. Gennaio e Febbraio furono aggiunti con varie riforme per dare conto al ciclo delle stagioni che nelle terre più a sud rispetto all’origine culturale dove nacque questo calendario non dava modo di tenere il conto diverso nei tempi della luce .
Anche nella millenaria Serenissima Repubblica Veneta l’anno cominciava il 1 Marzo, essendo dunque Gennaio e Febbraio gli ultimi mesi dell’anno. Questo era ufficiale e legale, per cui nei documenti dello Stato si scriveva “more veneto”, alla maniera veneta, per ricordare questo fatto riferendosi all’anno precedente o meno.
Nel 2006 venti comuni della pedemontana Berica hanno spento le luci per ore per offrire lo spettacolo di mille falò del Brusamarzo, che hanno bruciato l’anno che se ne andava. Il “battere Marzo” è tuttora diffuso in tutto l’Altopiano d’Asiago, ma anche nel Padovano e nel Trevigiano, oltre alle feste locali del “ciamar Marzo” .
Insomma nel mese più corto che chiude l’anno, febbraio, e si fanno i fuochi per fertilizzare la terra e “batimarso” per scacciare l’inverno, o “ciamar marso” per chiamare il nuovo ciclo della vita. Batter Marzo, o brusar Marzo, o ciamar Marzo significa risvegliare l’anno nuovo, la vita addormentata, perchè si ridesti.
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